Bozza Decreto Legislativo "La nuova autotutela" (Eccesso di delega – proposte di ulteriori modifiche)
L’istituto dell’autotutela in materia tributaria si concretizza nella potestà della Pubblica Amministrazione di procedere all’annullamento, alla revoca totale o parziale, alla rettifica ovvero alla riforma di un provvedimento illegittimo precedentemente adottato, come previsto dall’art. 97, secondo comma, della Costituzione.
Prima della recente delega fiscale, il fondamento normativo dell’autotutela tributaria, oltre che nel principio generale di legalità, era da ricercare nell’art. 2-quater D.L. n. 564 del 30/09/1994, convertito con modifiche dalla L. n. 656 del 30/11/1994, e nel relativo regolamento di esecuzione D. M. n. 37 dell’11 febbraio 1997.
La legge n. 111 del 09 agosto 2023 con la quale è stata conferita delega al Governo per la riforma fiscale all’art. 4, primo comma, lett. h), ha previsto la necessità di:
“potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativo – contabile dinanzi alla Corte dei Conti alle sole condotte dolose”.
Il Governo il 23/10/2023 ha presentato la bozza del Decreto Legislativo contenente modificazioni allo Statuto dei Diritti del Contribuente (Legge n. 212 del 27/07/2000) ed ha modificato l’istituto dell’autotutela, prevedendo l’esercizio del potere di autotutela obbligatoria (art. 10 quater) e l’esercizio del potere di autotutela facoltativa (art. 10 quinques).
Analizziamo distintamente i due istituti per vedere se sono stati rispettati i principi e criteri direttivi della succitata legge delega (art. 76 della Costituzione).
- AUTOTUELA OBBLIGATORIA
Il citato art. 10-quater testualmente dispone:
<< 1. L’Amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:
- errore di persona;
- errore di calcolo;
- errore sull’individuazione del tributo;
- errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria.
- L’Amministrazione finanziaria non procede all’annullamento d’ufficio ovvero alla rinuncia all’imposizione per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato ad essa favorevole, nonché in caso di atti definitivi, decorsi tre mesi dalla definitività per mancata impugnazione.
- Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’Amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo”.
Infine, si prevede la totale abrogazione (art. 2, terzo comma, della bozza citata) della seguente normativa:
- Art. 2-quater del D.L. n. 564/1994 citato;
- D.M. n. 37 dell’11/02/1997 citato.
Secondo me, le suddette disposizioni sono illegittime per eccesso di delega e dovrebbero essere modificate in occasione dei pareri, che devono essere espressi entro 60 giorni dalla Camera dei Deputati e dal Senato, per i seguenti motivi.
- La legge delega vuole potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione a tutti gli errori manifesti, per cui non si comprende perché nell’elencazione tassativa sono stati esclusi i seguenti errori manifesti (peraltro opportunamente previsti dal D.M. n. 37 dell’11/02/1997, art. 2, comma 1):
- evidente errore logico;
- errore sul presupposto dell’imposta;
- doppia imposizione;
- mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
- mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
- sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati.
Tutte le suddette ipotesi sono evidenti errori manifesti per cui devono essere inseriti nell’elencazione tassativa (pensiamo, per esempio, alla doppia imposizione vietata per legge, al mancato riconoscimento di pagamenti effettuati, alla sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi precedentemente negati, alla mancanza di documenti successivamente sanati nei termini, all’errore sul presupposto dell’imposta o all’evidente errore logico).
- La legge delega non esclude l’autotutela in caso di intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.
Oltretutto, la suddetta condizione non è prevista nell’autotutela facoltativa.
In ogni caso, bisogna consentire quanto meno l’autotutela in caso di sentenza passata in giudicato per motivi di diritto e non per motivi di merito.
- Infine, la legge delega non pone alcuna limitazione temporale alla definitività dell’atto, percui è illegittimo per eccesso di delega il ristretto limite di tre mesi dalla definitività per mancata impugnazione, soprattutto in mancanza di un obbligo tempestivo e preventivo di comunicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il suddetto limite temporale non è previsto nell’autotutela facoltativa.
In ogni caso, se proprio si vuole mantenere un limite temporale per problemi di bilancio statale, secondo me, bisognerebbe stabilire il limite di un anno, con obbligo di preventiva e tempestiva comunicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
- AUTOTUTELA FACOLTATIVA
Il citato art. 10-quinques testualmente dispone:
<<1. Fuori dai casi di cui all’art. 10-quater, l’Amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
2. Trova applicazione il comma 3 dell’articolo 10-quater>>.
- CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’art. 76 della Costituzione testualmente dispone:
<< L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti>>.
I <<principi>> devono essere definiti quali le norme configurabili come conformative della disciplina della materia oggetto di delega, mentre i <<criteri direttivi>> devono avere una valenza maggiormente operativa, indicando modalità da seguire e obbiettivi da realizzare in sede di concreta predisposizione della normativa delegata.
Di conseguenza, per valutare se il legislatore ha ecceduto i margini di discrezionalità occorre individuare la ratio della delega per verificare se la norma delegata sia stata con questa coerente (Corte Costituzionale, sentenze n. 153/2014, n. 175/2022, n. 163/2000, n, 231/2021, n. 174/2021, n. 184/2013, n. 272/2012, n. 230/2010 e n. 166 del 27 luglio 2023).
Nella fattispecie, la ratio della legge delega è molto chiara e specifica in quanto intende potenziare al massimo l’istituto dell’autotutela, senza limitazioni o condizionamenti, prevedendo soltanto:
- la correzione tassativa di tutti gli errori manifesti;
- anche in presenza di atti definitivi, senza limiti temporali;
- senza fare alcun riferimento a sentenze passate in giudicato.
Pertanto, è auspicabile che, per evitare contestazioni per eccesso di delega, il Parlamento, in sede di pareri, inviti il Governo a correggere la normativa prevista nella bozza di decreto legislativo.
A cura di
Avv. Villani Maurizio