Finanza agevolata e PNRR: una serie di opportunità per imprese e famiglie a seguito di un evento globale critico e acuto
Tra le dimensioni entro le quali è possibile studiare e spiegare la finanza agevolata, vi è quella, predominante nel presente momento storico, della politica economica e degli effetti dell’intervento che poteri pubblici, quali lo Stato o la Banca Centrale, o soggetti privati, in primis famiglie e imprese, attuano nel sistema economico mediante strumenti diretti ad orientarne l’andamento.
Tra questi strumenti figura certamente il PNRR, meglio noto, nella versione distesa dell’acronimo, come Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il documento predisposto dal Governo Italiano al fine di illustrare le iniziative dirette gestire i fondi di Next Generation EU, del quale subito si dirà. Sono sei le mission, corrispondenti ad altrettanti settori di intervento: Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute.
Scopo di questo contributo sul PNRR, documento alquanto complesso e ricchissimo, di ben 273 pagine, integralmente scaricabile sul sito ufficiale del Ministero dell’economia e delle Finanze[1], è fornire strumenti, tratti dal documento, utili ad una lettura che ne individui alcuni meccanismi di funzionamento per l’attuazione di processi di finanza agevolata con effetti strutturali di medio e lungo periodo.
Procederemo dapprima con alcune indicazioni sulla struttura giuridica del documento e sull’ordine di grandezza dei fondi di intervento. Successivamente individueremo alcune coordinate per una lettura tecnica da poter estendere anche a settori del PNRR diversi da quelli strettamente considerati.
Partiamo anzitutto dal fatto che, come già accennato, il PNRR si inquadra in un complesso e articolato assetto di strumenti giuridici di sostegno strutturale alle attività economiche facenti capo al NextGenerationEU, Fondo per la ripresa[2] che, in seguito alla Proposta di Risoluzione del Parlamento europeo sull’azione coordinata dell’UE per lottare contro la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze del 14 aprile 2020, ha stanziato ingenti risorse da ripartire tra i vari paesi dell’Unione Europea con il coinvolgimento della Commissione esecutiva[3].
NGEU è descritto dal PNRR come “un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale” precisando che “l’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi”.
Più oltre è stabilito, con speciale riferimento ai prestiti, che “il Governo intende richiedere il massimo delle risorse RRF, pari a 191,5 miliardi di euro, divise in 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Il primo 70 per cento delle sovvenzioni è già fissato dalla versione ufficiale del Regolamento RRF, mentre la rimanente parte verrà definitivamente determinata entro il 30 giugno 2022 in base all’andamento del PIL degli Stati membri registrato nel 2020-2021 secondo le statistiche ufficiali. L’ammontare dei prestiti RRF all’Italia è stato stimato in base al limite massimo del 6,8 per cento del reddito nazionale lordo in accordo con la task force della Commissione. La richiesta dei prestiti, in particolare, è motivata dai fabbisogni finanziari più elevati necessari per realizzare riforme e investimenti supplementari previsti nel Piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia, compresi i relativi traguardi e obiettivi supplementari, rispetto a quelli realizzabili con il contributo finanziario massimo calcolato per l’Italia, a titolo di contributi non rimborsabili, conformemente all’articolo 11 del Regolamento (UE)2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
Venendo adesso ad illustrare esemplificativamente alcuni criteri di lettura critica capace di evidenziare le potenzialità insiste nello strumento del PNRR, prendiamo spunto dal nome stesso dello strumento europeo sul quale il PNRR si basa, ossia il NextGenerationEU, e andiamo a vedere cosa prevede il PNRR in un ambito nel quale confluiscono famiglia, impresa, rapporto tra le generazioni e sistema bancario.
Sono previste due forme di finanziamento: il primo [Investimento 3.2: Finanziamento di start-up] è una misura “finalizzata ad integrare le risorse del Fondo Nazionale per l’Innovazione, lo strumento gestito da Cassa Depositi e Prestiti per sostenere lo sviluppo del Venture Capital in Italia. Attraverso questa iniziativa, implementata dal MiSE, sarà possibile ampliare la platea di imprese innovative beneficiarie del Fondo, finanziando investimenti privati in grado di generare impatti positivi e valore aggiunto sia nel campo della ricerca sia sull’economia nazionale. L’investimento consentirà di sostenere 250 piccole e medie imprese innovative con investimenti per 700 milioni di euro”. Il secondo [Investimento 3.3: Introduzione di dottorati innovativi che rispondono ai fabbisogni di innovazione delle imprese e promuovono l’assunzione dei ricercatori dalle imprese] ha come obiettivo il “potenziamento delle competenze di alto profilo, in modo particolare nelle aree delle Key Enabling Technologies, attraverso: • L’istituzione di programmi di dottorato dedicati, con il contributo e il coinvolgimento delle imprese • Incentivi all’assunzione di ricercatori precari junior da parte delle imprese È, inoltre, prevista, la creazione di un hub finalizzato alla valorizzazione economica della ricerca prodotta dai dottorati industriali, favorendo la creazione di spin-off. Nello specifico, la misura, implementata dal MUR, prevede l’attivazione di 5.000 borse di dottorato per 3 anni, con il cofinanziamento privato e l’incentivo all’assunzione di 20.000 assegnisti di ricerca o ricercatori da parte delle imprese. I programmi di dottorato saranno sottoposti a valutazione e confronto internazionale” [cfr. Pag. 201].
Nel primo caso, 250 piccole medie imprese potranno contare su un sostegno complessivo di 700 milioni di euro che consentiranno loro di superare i limiti posti dalle condizioni ordinarie ed attuali di mercato, con un beneficio che, stante il carattere proprio dell’innovatività, non potrà che riprodursi a cascata sulla realtà generale dell’impresa italiana.
Nel secondo caso, in una chiara logica di medio-lungo periodo, lo sviluppo così finanziato si coordina con ciò che lo naturalmente sostiene sul piano scientifico, finanziando i dottorati di ricerca anche con la finalità di esaltarne la vocazione internazionale. Lo strumento che qui si commenta presenta un chiaro orientamento verso la creazione di un meccanismo che si alimenta nella sua circolarità strutturale, visto che il finanziamento di un numero così elevato di borse di studio, con il cofinanziamento (e quindi il concreto interessamento) del settore privato, unitamente all’incentivo all’assunzione, crea un sistema nel quale le due componenti interessate si nutrono e sostengono a vicenda mentre crescono sia sul piano scientifico, sia sul piano dell’innovazione e della competizione internazionale.
Concludendo, proprio rispetto alle piccole-medie imprese trova conferma la coerenza logica della riforma strutturale, anche nel lungo periodo, introdotta dal PNRR, creando una cerniera di efficacia degli interventi del PNRR con i servizi resi sino adesso, quando ricorda, rispetto alle banche italiane, che “È ragionevole pensare che nel momento in cui verranno meno la moratoria sui prestiti e il regime straordinario di garanzie dello Stato sui prestiti alle PMI, si possa determinare un moderato deterioramento della qualità degli attivi bancari. Si prevede che l’impulso alla crescita del PNRR limiti questo effetto alla luce del complessivo miglioramento delle condizioni macroeconomiche” [cfr. pag. 33]. A questo proposito tra le Country Specific Recommendations “che rappresentano il punto di partenza per la scrittura del Piano” [cfr. pag. 51] vi è la n.5 del 2019 che, in materia di competitività, prevede “la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l’efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista; migliorare il finanziamento non bancario per le piccole imprese innovative” [Ivi].
Avv. Giuseppe Mazzotta
[1] https://italiadomani.gov.it/it/home.html
[2] Secondo la corretta dicitura in base alla IATE (European Union Terminology https://iate.europa.eu/entry/result/3589462/en-it).
[3] Fonte ufficiale: https://europa.eu/next-generation-eu/index_it